domenica 15 maggio 2016

EXPO 2015: una sfida vinta per l'agro-alimentare italiano?




Oggi, a oltre un anno di distanza dall’evento che ha segnato l’estate Italiana e che ha fatto di Milano il palcoscenico di un evento internazionale di grande importanza, sono forse maturi i tempi per un’analisi ponderata dei costi e dei benefici che l’Italia ha tratto dall’esperienza EXPO.

L’entusiasmo del pubblico è stato ribadito dagli oltre 19 milioni di visitatori (il numero dei biglietti venduti risulterebbe in realtà maggiore) che hanno sfidato caldo e file interminabili per ammirare i padiglioni dei vari paesi. E anche alla luce di questi dati, gli organizzatori e il governo hanno proclamato il successo dell’evento. Ma è stato davvero così?

Mettendo momentaneamente da parte il numero dei visitatori soddisfatti, è inevitabile che un evento di siffatta portata generasse e generi tutt’ora una forte polarizzazione tra l’opinione pubblica, sviluppando due fazioni distinte: i Pro-Expo ed i No-Expo.

I primi puntano sull’ elevata affluenza all’evento e sulla sua particolarità. Tramite il suo sito ufficiale, Expo ha evidenziato a più riprese l’importanza dei 21,5 milioni di biglietti strappati. Innegabile che Milano abbia beneficiato della sua organizzazione, seppur forse non si sia verificato quel boom nelle prenotazioni alberghiere che gli esercenti si aspettavano alla vigilia. Forte l’accento posto anche sulle opportunità occupazionali offerte dal semestre, specie per la fascia d’età giovanile (anche se molto si potrebbe dire sulle forme e sui contratti di questi lavori).
Diametralmente opposta la visione dei No-Expo. Prima ancora del suo avvio a causa dei procedimenti giudiziari che hanno riguardato alcune delle ditte nei cantieri di EXPO. Inoltre, anche la presenza di numerose multinazionali non è stata vista positivamente: Coca-Cola, McDonald’s, Nestlé, Eni ed Enel i principali bersagli della critica.
Naturalmente non mancano le polemiche ex-post riguardanti i bilanci che credo, più o meno surrettiziamente, continueranno ad essere alimentati dai detrattori di Expo e del suo commissario, ora candidato a Sindaco di Milano, Giuseppe Sala.
Ma non è su questi aspetti che vorrei concentrarmi in questa sede, bensì vorrei analizzare le ricadute sulle piccole e medie imprese dell’agro-alimentare italiano cui pure l’ Esposizione Universale era dedicata. Riusciremo a raccogliere «l’eredità immateriale», come l’ha chiamata il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina, per affrontare le sfide globali legate ai temi della manifestazione? O più modestamente si è trattato di un momento di slancio del Made in Italy –in campo agro-alimentare- , di confronto con i principali competitors internazionali, di occasione per il rilancio delle tante piccole imprese che producono le eccellenze italiane del cibo. O neanche questo?


In questi mesi v’è stata una forte presenza del governo sul sito Expo, coi suoi Ministri e con lo stesso Presidente del Consiglio. Giustamente, se si pensa che il settore agricolo rappresenta per l’Italia il 27,9% del nostro PIL e che, nel periodo compreso tra il 2004 e il 2014, l’industria alimentare ha visto aumentare il valore del suo export del’83%, praticamente il doppio rispetto al totale dell’export italiano. Il Ministro Martina, vero padrone di casa dell’evento, ha effettivamente promosso diverse iniziative tese a rilanciare non solo l’immagine ma anche le potenzialità degli operatori agricoli italiani. Vorrei qui citare solo alcuni eventi che ritengo significativi in questo consesso.

Non è un caso che nel corso del semestre particolare interesse l’Italia abbia nutrito nei confronti dei cluster (gruppi di paesi raccolti attorno la produzione di un determinato prodotto) Cereali, Cacao e Caffè, prodotti di cui l’Italia è il principale importatore. Sappiamo come quasi 1/3 dei consumi agro-alimentari del nostro paese è coperto da beni di importazione (mentre poco meno di ¼ di beni AA viene esportata) , e questi riguardano principalmente i Cereali, Cacao, Caffè appunto. L’Interesse italiano verso questi paesi esportatori è stato corroborato da una serie di business to business che hanno riguardato non solo gli aspetti tecnici della produzione e della coltivazione, ma anche aspetti più propriamente commerciali, riunendo attorno a un tavolo produttori locali ed importatori, agricoltori locali e nostrani consentendo in questo modo una condivisione di know-how, su cui il nostro Paese ha effettivamente un valore aggiunto rispetto appunto agli altri concorrenti del settore.

Significativo per l’attenzione posta sulla competitività delle nostre piccole e medie imprese è stato il forum che ha riguardato le regioni italiane e l’Unione Europea incentrato sul Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020:  uno straordinario strumento di incentivi e finanziamenti, che se ben sfruttato rappresenterebbe un efficace stimolo alla competitività del nostro settore agricolo. E tuttavia, proprio sull’accesso a queste risorse pesa uno dei limiti strutturali del nostro paese, e cioè la dimensione ridotta della maggioranza delle nostre imprese. Tra i soggetti sussidiati, 700 grandi aziende agricole ricevono il 15% del totale dei contributi europei. L'8% degli agricoltori italiani ricevono il 50% dei sussidi. L’80% delle aziende italiane non supera i 5 ettari (dati ISTAT). Un problema a mio avviso fondamentale che frena di molto le capacità espansive del nostro Export specie se messo di fronte e competitors molto più grandi e industrializzati come quelli dei nuovi mercati dell’Asia. Su questo aspetto le proposte elaborate sono state diverse, declinate secondo le esigenze dei vari attori regionali -ora  non entro nel merito- ma mi sembra opportuno segnalare l’impegno del governo italiano a farsi da garante per rinegoziare la soglia (verso il basso) di accesso per le imprese ai fondo del PSR e dall'altro di facilitare la creazione di un polo logistico che accentri la produzione, senza con questo andare a discapito delle specificità e della qualità che fanno forte il nostro tessuto produttivo. Se mi pare alquanto improbabile l’esito del governo italiano nel rinegoziare quanto già pattuito con la Commissione Europea, più interessante è stato l’impegno del Ministro Martina a provvedere a ulteriori stanziamenti da investire sul settore agricolo.  In questo senso va segnalato positivamente il Protocollo d’Intesa tra Ministero dell’Agricoltura e Intesa San Paolo, annunciato ad EXPO e recentemente realizzato per l’attivazione di un plafond di investimenti dedicato da 6 miliardi di euro in tre anni per il finanziamento di imprese e filiere produttive oltre a servizi finanziari ad hoc per le esigenze dell'attività agroalimentare. 

In terzo luogo, altro importante segno lasciato da quest’ EXPO è stato il rinnovato impegno alla lotta contro la contraffazione e l’Italian Sounding, cioè l’imitazione di un prodotto, di una denominazione o di un marchio attraverso il richiamo alla sua presunta italianità.  (La «Mortadela Siciliana» in Argentina la «Provoleta» toscana. E poi c’è il «Parmesan» australiano, con la garanzia «perfect italiano» sulla confezione). Chi ha visitato EXPO forse ricorderà come al padiglione Coldiretti fu allestita una curiosa mostra con tutti quei prodotti finti-italiani che ahimè ricoprono buona parte degli scaffali soprattutto in America e non solo. L’impatto della contraffazione e dell’Italian Sounding -  cresciuto quest’ultimo del +180% negli ultimi 10 anni-  è pari a 60 miliardi di euro, circa la metà del fatturato totale del prodotto dell’industria alimentare italiana (132 miliardi di euro). Due simposi sono stati organizzati durante l’EXPO, sia dentro che fuori il centro espositivo, e sono state elaborate ad hoc delle iniziative tese a sensibilizzare quei Paesi in cui ancora le misure di controllo e di repressione si dimostrano alquanto “lasche”. Inoltre, un “pacchetto di proposte” di lotta alla contraffazione sono state presente in occasione dei diversi consigli informali dei ministri dell’agricoltura tenutisi proprio sul sito espositivo. Proposte che vanno da nuovi accordi commerciali tesi alla salvaguardia del marchio Made in Italy, fino a campagne di comunicazione e il rafforzamento della difesa della proprietà industriale e intellettuale. Queste misure basteranno? Sarebbe già positivo che venissero implementate e messe in atto, ma già di per sé il fatto che se ne sia discusso in un contesto così appropriato come EXPO e con un uditorio così vasto e interessato al fenomeno è senz'altro un importante passo avanti.

Allo stesso modo promettenti si sono rivelati tutta una serie di incontri bilaterali succedutisi nel corso del semestre, in occasione dei National days di ogni paese (praticamente uno al giorno): particolarmente importanti, dal nostro punto di vista, sono sati gli incontri tra la delegazione italiana e quella russa ( per il rilancio degli cambi commerciali dopo una serie di nefaste misure di boicottaggio alla Russia che ha finito paradossalmente per penalizzare il nostro paese) e quella con gli USA a seguito del prossimo Trattato di Scambio Transatlantico (il TTIP) che cela, tra le importanti opportunità, anche una serie di potenziali rischi per il nostro mercato nazionale. Tutti temi dibattuti tra il nostro Ministro Martina e la controparte USA proprio a EXPO.


In conclusione, credo che EXPO abbia senza dubbio rappresentato un fondamentale foro di dibattito sui temi dell’agro-alimentare.  Al di là dei toni trionfalistici e dal valore taumaturgico attribuito a EXPO per il rilancio dell’Italia nel mondo, resto convinto che proprio sul settore agro-alimentare questi sei mesi abbiano effettivamente giocato un importante ruolo di rilancio per il Made in Italy  a tutto vantaggio delle piccole e medie imprese che, pur tra le tante difficoltà, tra concorrenza più o meno sleale, contribuiscono alla prima voce  del nostro PIL e che fanno da apri-pista dell’eccellenza italiana nel mondo. Spetta adesso alla politica far sì che il “capitale immateriale” di EXPO (per citare il Ministro Martina) venga investito appieno in Italia e all’estero. E soprattutto che gli impegni dichiarati dal nostro governo in questi sei mesi per il rilancio del settore vengano confermati e  onorati.